Abbandonato… e trovato

DiSimona Butò

Abbandonato… e trovato

Sono nato tre settimane fa, in una solitaria capanna per gli attrezzi nel bosco. La mamma fino a questa mattina era sempre tornata; quando rientrava dalla sua caccia, io e i miei cinque fratellini e sorelline le saltavamo addosso, ancora un po’ goffi e incerti, mangiavamo fino a scoppiare e poi ci litigavamo il posto nell’angolo più caldo della sua pelliccia nera.

Ma adesso è buio. E fa freddo. Mi sono allontanato dai miei fratelli, non so più nemmeno dove si trovino; io vorrei salire in alto su quella catasta di legna ma ogni volta cado e torno al punto di partenza. E ho anche fame. Molta fame. Ho provato a chiamarla, la mamma, ma ho paura che si sia dimenticata di noi.

Il bosco è pieno dei soliti suoni e rumori, ma questa notte mi fanno paura. Non c’è più quell’angolo caldo dove sento battere il suo cuore.. e io ho tanto freddo. Anche la mia voce si sta facendo più fioca.

Dormivo? Ho sentito un rumore ancor più vicino. Stavo sognando? Delle foglie calpestate, forse. Dei rami spezzati? “Mamma? Sei tu? Sei tornata?!!”

No, non è la mamma!! Mi sento sollevato in aria, ho paura, mi dibatto ma non ho la forza di scappare. Allora tento di graffiare quella cosa che mi ha catturato; non mi fa male, è vero… ma io voglio fuggire.

E mi ritrovo all’esterno della capanna, l’aria è persino più pungente, adesso. Quella ‘cosa’ continua ad impedirmi i movimenti, ma è calda e morbida. Sembra quasi accarezzarmi la testa e soffiarmi un alito tiepido sul dorso.

“Stai tranquillo, piccolino, adesso ci sono qua io. Andiamo a casa.”

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